L’antichissima chiesa di S. Lucia sorge nell’omonima frazione del comune di Valdisotto. L’edificio presenta due navate: quella di sinistra in stile romanico-lombardo – più piccola e più bassa – è ciò che rimane della primitiva costruzione risalente al XII-XIII secolo affacciata lungo la strada regale di Val Fin che, attraversando la Valdisotto, raggiungeva un tempo i confini meridionali del contado a Serravalle; la navata di destra fu invece aggiunta, probabilmente a causa di un aumento della popolazione, nel XV-XVI secolo, come testimoniano i resti dell’affresco quattrocentesco con S. Cristoforo, collocato esternamente a fianco del portale d’ingresso.
Nella chiesa sono conservate alcune tra le più significative opere d’arte del Bormiese, tra cui l’affresco del 1524 del pittore comasco Giovanni Andrea De Magistris raffigurante la Madonna con il Bambino, S. Nicola da Tolentino, S. Antonio Abate, S. Rocco e S. Sebastiano (altri due figure di santi, Gervasio e Protasio, patroni della chiesa parrocchiale di Bormio, sono scomparsi per la caduta di parte dell’intonaco) e quello ben più antico che raffigura S. Cecilia. Quest’ultimo affresco, risalente al XII secolo, venne staccato dalle pareti della chiesa durante alcuni lavori di restauro e venne collocato al Museo Civico di Bormio, dove è ancora oggi conservato.
Il ciclo pittorico più importante rimane comunque quello posto nell’abside della navata minore. Attribuito a Vincenzo De Barberis, che lo realizzò nel 1545, raffigura l’Annunciazione, l’Assunzione, quattro vicende della vita di S. Lucia, i busti di quattro Profeti e alcuni santi, fra cui S. Rocco e S. Sebastiano, invocati ogni qual volta si dovesse scongiurare la peste o si dovesse evitare una situazione di grave pericolo.
Degna di particolare attenzione, perché portatrice di un intento dottrinale ben preciso, è la scena dell’Annunciazione posta sopra l’altare. L’Annunciata, che occupa il posto privilegiato nel presbiterio, è indicata con un gesto della mano dai Profeti, dipinti nel sottarco, e da Davide, costringendo anche il visitatore più disattento a meditare sul mistero dell’Incarnazione. Questa raffigurazione fu un sussidio alla tesi cattolica dell’Incarnazione che in quegli anni fu messa in dubbio dall’interpretazione di Zwingli (teologo fondatore della Chiesa riformata svizzera) il quale, negando la natura umana di Cristo, privava la Madonna dell’appellativo di Madre di Dio.
Sempre per contrastare la diffusione della Riforma, nel XVI secolo, alla dedicazione originaria di S. Lucia e S. Martino di Tours fu sostituita quella di S. Lucia e S. Martino Papa, il pontefice difensore dell’ortodossia sino al martirio. Nel XVII secolo la chiesa fu intitolata anche a S. Carlo Borromeo, il santo arcivescovo di Milano, protagonista della Controriforma e invocato contro la peste, divenendo così meta annuale di una processione propiziatrice contro la terribile malattia.
Resta infine da segnalare il dipinto, inserito in una cornice dorata e collocato sull’altare maggiore, raffigurante la Vergine con il bambino e Santi. La bella tela venne realizzata nel 1611 da Bartolomeo Roverio, detto il Genovesino.