La seicentesca chiesa di Piazza, inizialmente dedicata a S. Maria della neve e ora a S. Giovanni Evangelista, l’apostolo prediletto da Cristo, venne riedificata nel 1823.
Probabilmente, proprio in occasione di questi interventi, l’edificio fu arricchito con due preziose opere che ne costituiscono ancora oggi il più importante richiamo artistico.
Quella proveniente da Pedenosso è una pregevole e fastosa opera d’intaglio dorato riconducibile al XVII secolo. Caratterizzata da un’architettura singolare, essa contiene tre differenti scene del passo evangelico in cui Pilato, concluso l’interrogatorio a Gesù, lo consegna ai Giudei pronunciando le parole “Ecce Homo“. Nel balconcino centrale è riprodotto Gesù con la corona di spine ed il mantello di porpora. Nelle nicchie laterali, più in basso, sono invece raffigurati il momento della Flagellazione e quello dell’Incoronazione.
La seconda, proviene dalla chiesa di S. Pietro al Castello, un tempo collocata sulle pendici della Reit all’imbocco della Valfurva e devastata da un terribile incendio nel 1817. Donata alla chiesa di S. Pietro da un rampollo della facoltosa famiglia bormina degli Alberti, ne riporta sul basamento la genealogia fino a Gianfrancesco. Quest’ultimo, vissuto a cavallo tra Quattro e Cinquecento, in un momento di particolare instabilità per il Contado, la cui signoria passò per 12 anni dai milanesi ai francesi e, nel 1512, alle Tre Leghe Grigie, ne ricoprì le più delicate cariche pubbliche.