Costruita certamente prima del 1393, la piccola chiesa di S. Bartolomeo de Castelàz è sopravvissuta alla furia della frana della Val Pola avvenuta il 28 luglio 1987. Gli scavi eseguiti dalla sovrintendenza a partire dall’anno 2000 sembrerebbero confermare l’origine antichissima del sito (VIII-X secolo), collocato lungo un asse viario di grande importanza economica e militare: di qui passava la trafficata strada che, da Sondalo, portava verso i passi alpini del Bormiese.
Il toponimo Castelàz e il rudere di un grosso muro rinvenuto poco distante dalla chiesa, fanno ipotizzare la presenza anche di un antichissimo castello.
Tappa obbligata per i viandanti, l’antica chiesa di S. Bartolomeo – il santo scorticato vivo invocato contro la paura – presenta una pianta ad aula unica con abside rivolto verso est.
Per quanto semplice, la sua architettura riflette un finissimo proposito teologico: il pavimento leggermente in salita e una disposizione non perfettamente in asse dell’abside ricordano la salita al Calvario e la declinazione del capo di Gesù sulla croce.
Da un punto di vista artistico-pittorico la piccola chiesetta di S. Bartolomeo è tra le più importanti della zona: i tre pregevolissimi cicli di affreschi che ne decorano l’interno, abbracciano un arco temporale che va dal XIV al XVI secolo.
Il più antico, del 1393, è di un ignoto maestro lombardo, probabilmente lo stesso che a Bormio dipinse, sempre nello stesso anno, il sottarco che congiunge la casa parrocchiale alla Chiesa dei Ss. Gervasio e Protasio. Il ciclo si sviluppa sulla parete di sinistra in quattro riquadri rappresentanti la Madonna del Latte, la Crocefissione, il Martirio di S. Bartolomeo, S. Michele Arcangelo e S. Giovanni Battista e, sulla parete di destra, un frammento con due figure di santi.
Il secondo ciclo, attribuito a Giovannino da Sondalo, rappresenta scene della vita di Gesù: la Natività, l’Adorazione dei Magi, la Presentazione di Gesù al tempio, la Fuga in Egitto, la Deposizione della Croce, la Sepoltura e la Resurrezione.
Il terzo ciclo di affreschi, datato 1587, venne invece realizzato dal pittore grosino Cipriano Valorsa pochi anni dopo il rifacimento del presbiterio (1579). I dipinti, posti sulle pareti laterali del presbiterio, sulla volta e nell’abside, raffigurano santi cari alla devozione popolare, apostoli e dottori della chiesa, il Cristo, angeli, simboli sacri e una Crocefissione.
Agli anni tridentini risale anche l’innalzamento della chiesa e la sostituzione dell’originaria copertura a capriate con un soffitto a cassettoni lignei.
Nel Seicento, sfruttando probabilmente la base di una precedente torre, fu edificato il campanile le cui campane vennero fuse nella fornace attiva nei pressi delle case di S. Bartolomeo, dove vivevano i massari della chiesa. Nel 1697 fu aggiunta la sacrestia e trenta anni dopo, nel 1728, venne aperta sul fianco est la cappella con l’altare dedicato all’Immacolata, danneggiando in parte alcuni affreschi del 1393.
L’ossario, uno dei pochi ancora esistenti in Valtellina, fu eretto vicino al vecchio camposanto nel 1785, in seguito alle disposizioni impartite dal Vescovo di Como, Giambattista Mugiasca.